VERDETO 7 SETTEMBRE 2025

VERDETO 7 SETTEMBRE 2025

 

Cari Soci, vi ho chiesto di proporre un tema e alcune di voi mi hanno suggerito gli argomenti Verità e bellezza per i passi della felicità, e Ideale e bellezza. C’è una concordanza di questi temi con le conclusioni del saggio sul metodo clinico che sto scrivendo, perciò a voi, presenti a Verdeto, ne anticipo la lettura anche per aprire la discussione sui temi proposti.

Il tema della bellezza è ricorrente nei nostri incontri; oggi tentiamo di collegarlo all’ideale e alla felicità. La bellezza ha un potere salvifico, lo sappiamo per esperienza condivisa e per le citazioni celebri, divenute cliché, talora pronunciate a sproposito. Dobbiamo definire innanzitutto a quale bellezza ci riferiamo, partendo dalla citazione lievemente modificata di un discorso:

“ Poiché noi crediamo nell’eternità del regno, le sue opere devono essere eterne, vale a dire che non solo per mezzo della grandiosità della loro concezione ma anche per la nitidezza delle loro linee e l’armonia delle loro proporzioni esse devono rispondere a istanze eterne. Il nostro stato non dev’essere una potenza senza cultura né una forza senza bellezza.”

Che ne dite? Ebbene, questo discorso l’ha pronunciato Hitler nel 1937 al congresso del partito Nazionalsocialista riferendosi al III Reich. Sarebbe interessante approfondire il discorso sui rapporti tra un certo Romanticismo e il nazismo, tra la musica di Wagner e il nazismo. È innegabile che siano coinvolte forme di bellezza, come le divise delle SS fatte da Hugo Boss. Si tratta però di un estetismo tipico delle dittature, di un uso della bellezza a fini di potere.

Questa bellezza non è salvifica, non porta alla felicità perché l’ideale che l’ispira non è buono.

Dunque esiste un rapporto diretto fra la bellezza e la bontà – cosa nota oltre duemila anni fa ai Greci che usavano il termine kalòkagathìa che unisce il bello (kalòs) al buono (agathòs) come ideale di perfezione fisica e morale per l’uomo. Esiste anche un rapporto diretto fra bellezza e verità, come sappiamo dai Vangeli e, laicamente, dall’intuizione poetica di John Keats che vi cito spesso: “Bellezza è verità, verità bellezza – questo solo / sulla terra sapete, ed è quanto basta”.

Possiamo aggiungere alla diade un terzo elemento: la libertà. Non c’è vera bellezza senza libertà – ecco perché gli estetismi che s’illudono di piegare la bellezza i loro intenti falliscono il compito.

Per evitare ambiguità dobbiamo definire la verità e la libertà. Per verità in senso filosofico intendiamo l’accordo esistente fra il nostro pensiero e la realtà esterna, la corrispondenza fra ciò che affermiamo e lo stato delle cose. Un definizione, questa, ben lontana da quella dell’utilitarismo e del nichilismo. Per libertà intendiamo la capacità che possediamo di autodeterminarci, cioè di scegliere autonomamente e di agire senza impedimenti sulla base dei fini ritenuti più idonei.

Qui interviene l’ideale, perché sono i fini scelti in libertà a determinare l’azione: fini scelti in base a che visione dell’uomo? Seguendo quale impulso o ragionamento? Ciascuno risponda in coscienza.

Personalmente ho una visione aristotelico-tomistica che collega la libertà alla ragione (alla fiducia nella ragione) e alla vita virtuosa. La mia visione è maturata nel corso di una intensa vita personale e  professionale ed è basata non sull’ideologia ma sull’esperienza della realtà, dopo aver superata l’infatuazione nichilista “eroica”, nietzchiana, dell’adolescenza. Credo che non possa darsi felicità senza vita virtuosa intesa come ideale, perché le virtù senza l’aiuto di Dio sono ben difficili da vivere. Per me questo è il collegamento fra ideale, bellezza e felicità, e il luogo dove riposa è la coscienza. Questa è in ricerca continua della bellezza delle forme e dell’armonia interiore, cura il contenuto dell’ideale e aspira alla felicità come gioia piena, luce senza variazioni, non godibile in questa vita. Una coscienza in tensione, una coscienza che vive di domande ma riposa nell’attesa di un Bene indefettibile, prossima alla conclusione di una vita in ricerca della verità.

Nella discussione sull’argomento trattato sono intervenuti tutti i Soci, giovani e genitori.

Oltre a testimonianze personali inerenti il tema, le tematiche esposte sono state:

# La felicità si raggiunge attraverso la verità, facendo esperienza della misura d’amore nelle difficoltà. Il dolore, la sofferenza mentale e spirituale, affettiva, sono considerati da genitori e giovani strumenti necessari per acquistare consapevolezza e per crescere come persone.

# La ricerca della verità rende liberi, scioglie le catene della schiavitù e getta luce sull’oscurità interiore.

# La libertà va sempre associata al rispetto verso gli altri che rappresenta un ideale e una virtù da raggiungere; ero viene tramandato in famiglia e diventa patrimonio personale tramite il discernimento. Le nuove generazioni entrano nel conflitto fra ciò che viene loro trasmesso e il mondo esterno. È fondamentale l’amore: i genitori gettano semi che daranno frutti al momento opportuno che non è prevedibile.

# Mettersi in ricerca e fare scelte è difficile, anche perché. Gli avvenimenti cambiano il corso dei desideri, delle aspirazioni, e bisogna fare delle scelte impegnative in momenti che sembrano poco opportuni, modificando l’ideale della vita.

# La verità è una risorsa esterna, nel senso che non la creiamo noi, che serve per superare l’emotività e per prendere decisioni. Se ci sono adulti negativi che tendono a condizionare le scelte ciò non giustifica l’odio nei loro confronti.

# Facendo un’esperienza di bellezza mi sono reso conto dell’influsso che ha su di me: la bellezza non è solo proporzione e armonia, è viva, vitale.

# La ricerca della verità su se stessi passa attraverso la relazione con gli altri: bisogna uscire da se stessi ed entrare in relazione. L’idea che ho di me stessa, della mia felicità… forse è diversa da ciò che penso. Bisogna essere pronti al cambiamento.

#Viene illustrato il cambiamento di una figlia che dal caos e da una grande sofferenza, dal disagio mentale, ha raggiunto una maturità e ha rinforzato la fede in Dio.

# Il dolore, la grande sofferenza della mia vita, mi hanno reso più matura delle mie coetanee che sono superficiali. Pertanto mi reputo fortunata del percorso nel dolore che ho fatto per la consapevolezza che ho raggiunto. L’esperienza del dolore è importante.

# A proposito del dolore, è fondamentale affidarsi alla speranza, alla fede per non esserne schiacciati.

#Esistono verità scientifiche, certe, e verità legate a ideali buoni o non buoni. Entra in gioco la libertà che è partecipazione, libertà essenziale per effettuare le scelte.

# Gli avvenimenti, il caso o meglio la Provvidenza contengono la possibilità di crescere. Pertanto bisogna affidarsi, lasciarsi andare con fiducia.

#si discute sul caso e sulla Provvidenza, ricordando il libro di Jaques Monod: Il caso e la necessità.

# Le esperienze dolorose mi deprimono – la persona fa riferimento al dolore ancora vivo per la perdita di una importante amicizia. In relazione alle esigenze di verità, amore e bellezza sono fondamentali le risposte alle domande su che cosa sia giusto, buono e bello per me. Esse servono anche a non alienarsi.

L’incontro, ricco di discussione, si conclude con l’indicazione a valorizzare la positività delle esperienze anche dolorose e negative effettuate nel corso della propria vita.

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